venerdì 30 maggio 2008

DRM Killer - comunicazione di servizio

Vi chiedo scusa ma la pubblicazione del primo capitolo slitterà di 1/2 giorni. Avevo previsto di finire il capitolo ieri, rivederlo oggi e pubblicare in serata... ma ieri tornando dal lavoro ho avuto un'incidente.

Niente di grave, per carità, ma non sono riuscita a rispettare la tabella di marcia. Porate pazienza che a breve vederete le spaventose avventure del killer più temuto da Orboveggente (occhio al tuo monitor ciccio!).

Basciuz
Al


Aggiornamento: dopo essermi beccata un'accusa di fare satira religiosa di bassa qualità su questo blog... ho deciso di farla davvero!! Per cui nei prossimi capitoli compariranno anche:

Fankey: in missione sulla terra per portarci il Ministero del Ragno di Zio
Il Ragno
Lo Zio

Padre Gabriele Amorth armato di crocifisso a due mani e bibbione da lancio

Xenu
La Lake Org

Poi voglio vedere se un paio di critici di scentology accettano di fare da comparse comiche.

mercoledì 28 maggio 2008

Importante petizione al ministero della salute

Per fermare la diffusione di malattie veneree (AIDS, sifilide, gonorrea, etc..) e gravidanze indesirate, si chiede di implementere nelle scuole corsi seri di edducazione sessuale. Che siano tenuti da medici e psciologi qualificati e non dai soliti ingoti impreparati.

http://www.petitiononline.com/Scuola/petition.html


La cosa non ha il minimo valore legale. E' semplicemente il tentativo di dare visibilità pubblica ad una problematica seria e molto allarmante.
Se si tiene conto che il livello di preparazione degli adolescenti è:

- la prima volta fai non resti incinta
- se lo fai in acqua non resti incinta
- se lo fai in piedi non resta incinta
- se dopo ti fai una lavanda con la coca-cola non resti incinta
- l'aids lo prendono solo i gay e i tossici, gli etero no.

Un gesto per sensibilizzare governo ed opinione pubblica è necessario. Forse non se ne uscirà nulla, ma un tentativo non cosata nulla.

lunedì 26 maggio 2008

Progetto comico

Avevo iniziato a parlarne sul blog di Paolo Attivissimo. L'idea sarebbe quella di prendere varie "personaggi" che gravitano da quelle parti per tirarne fuori uno o più racconti comici. Complottisti vs. Debunker o Win vs Open source. Dopo tutto fin troppo spesso si degenera in holy wars varie, riderci sopra non può che fare bene.

Le idea:

*** DRM KILLER ***

Un misterioso killer si aggira per le strade della città: innocenti televisori HDMI, ipod e pc windows vengono trovati massacrati a copi di trapano.
Il detective Orboveggente, assistito dall'agente Dan, si mette sulle traccie del pericolosissimo criminale.

Nel frattempo Usa-free (dopo aver subto una tragica perdita), Markgots e Hammer si accorgono che qualcosa di strano sta succedendo ai loro televisori. Inquietanti immagini appaiono sui loro schermi inquitando le loro notti (e impedendogli di guardare Lost).
Preoccupati decidono di rivolgeri al grande gurU dell'alta definizione e saggio della montagna blu-flame.

*******

Molto probabilmente faranno la loro comparsa anche i rettiliani.

Se avete suggerimenti o volete fare la vostra comparsata, postate nei commenti.

venerdì 23 maggio 2008

Molti, amari, banchetti.

******NOTA*****

Questo prose poem era stato originariamente concepito per partecipare al concorso letterario " 300 parole per un incubo". La versione iniziale, più corta, è pubblicata sul sito scheletri.com. La "extended veriosn" è pubblicata anche sulla mia pagina inglese. In questa versione ho cambiato un paio di dettagli, più che altro per evitare un'eccessiva ripetizione di alcuni termini.

Questo è un tentativo di affrontare un classico del genere horror sotto una prosepettiva meno scontata, spero di non aver fatto troppi danni.


************



Gli angeli cantano sui pinnacoli della città questa notte.
Metto il mio miglior vestito ed indosso il mio sorriso più brilante,
questa è una notte di caccia, una serata di intenzioni sbagliate.
Per te, non per me...
Sei bello come un santo questa notte,
un gesù dipinto con oro e sangue.
Attraverso le ere, attraverso la storia, non riesco più nemmeno a contare
tutti gli angeli che ho divorato per atraversare i secoli intoccato.

Ti seguo in questo maelstrom fatto di folla e musica,
sorridi dolcemente, godendo questi momenti finali del tuo sogno d'amore.
Questa notte morirai felice e forse è una rara fortuna.
Non conoscerai mai gli sfregi che il tempo lascia al suo passaggio,
il lento decadere della vecchaia.
E' tardi ora, così torniamo alla tua casa,
il luogo dove la diversità che ti porti dentro può trovare rifugio,
il castello della tua infinita solitudine.
Dirti addio fà quasi male, ma è la tua vita o la mia,
nessuno di noi ha chiesto il destino che gli è stato dato in sorte.


Il fato ti ha riservato una scomoda natura, una disturbante maniera d'amare,
non conforme al Dogma e alla Natura.
Una vita di solitudine.
A me ha dato un'oscuro segreto, quello del sangue e delle epoche,
una vita per una vita, per evitare la fine.
Una esistenza di solitudine.
Sei come un dio, come un sogno,
con la tua perfetta maschera d'innoccenza,
e desidereo tenerti con me,
un altro giorno per far finta che possa essere per sempre.

Vorrei che le carte del destino non fossero state mescolate,
in un tempo ormai lontano, da un folle malato d'arroganza.
Vorrei poter essere ciò che tu vuoi io sia,
un uomo di sangue e respiro con cui invecchiare.
Ho pensato di portarti con me attraverso le ere,
per rendere la tua innocenza apparente eterna,
ma come può una maledizione preservare cio che è sacro?
Come può il peccato sembrare
il ritratto delle più pura santità?

L'onnipotente lancia uno sgurdo furente,
su di noi che vaghiamo oltre i confini della sua grazia,
cercando disperatamente una redenzione lontana,
fallendo ogni volta che lo sfidiamo,
ogni folta che diamo natali ad un nuovo dannato.
Specialmente quando teniamo al sicuro
il disvolgeri di un precedente peccato.
Mi chiedi perchè sono così triste.
Vorrei poterti spiegare questa mia anima,
divisa fra l'istinto di porre fine alla solitudine
e la necessità dell'ascensione.
Cerco di trovare le parole...

Ma la verità non lascia nascondigli,
è l'istinto del predatore, la voce del dragone.
L'eternità che è in me si sveglia
ed è tempo di banchetto, festa di sangue.
Estasi di energia e morte, parossismo di crudeltà.
Una, cento, mille, quante volte ho fatto questo per sopravvivere?
E' solo un'altra delle incalcolabili morti.
Una delle tante volte in cui ho ucciso
per soddisfare la mia sete ed estinguere un peccato.

Ma se questo è solo uno dei miei molti, amari, banchetti
perchè sto piangendo?

domenica 18 maggio 2008

Andreas

*********DEDICA***********

Le bisticciate con Buffy sembra che qualche neurone me lo abbiano smosso, infatti mi è venuta l'idea per questo breve prose poem. Per cui, Buffy, questo post è dedicato a te.

E' una primissima bozza per cui è molto probabile che parecchi orrori di battitura mi siano sfuggiti. Sotto con le correzioni!

********************************


Il buio si stempera magnifico nel nascere di un nuovo giorno. Toni di blu, rosso e violetto si mescolano nella grazia nebbiosa del primo mattino. Andreas guarda il cielo ed il cielo guarda se stesso. Il tempo del ricongiungimento è quasi arrivato, sulle rive di un piccolo lago. Un momento atteso e cercato per tempi incalcolabili: la fine di lunghi anni di solitudine.

Era sempre stato diverso Andreas, diverso da tutti. Piccolo folletto che ha perso i colori, un albino.
Il mondo per lui era un'immenso nemico. Il sole, immensa palla gialla d'odio, che gli abbacinava gli occhi e gli bruciava la pelle. Le persone... alte torri di carne sempre pronte a proferire verbo crudele, sassi scagliati contro al mostro.
Lunghi anni perduti nell'oblio, ombra che si nasconde nel silenzio. Sempre allerta, sempre attento per sfuggire agli artigli dell'uomo. Solo una voce, apparsa un giorno dal nulla e dal caso, consolava l'agonia di questo incerto divenire.
-Il futuro ti aspetta fra gli astri Andreas, la verità attende fra le ombre. Non è questo il tuo mondo, ne mai lo sarà-
Sussuri gentili, appena uditi, affetto e consolazione. La promessa di un cosmo diverso e splendente, un mondo dove poter trovare una vita da vivere.
Così Andreas fuggi dalla sua prigione dimenticata, per cercare i sussurri ed i segni di questo nuovo mondo. Attraverso quegli incubi sconfinati di acciaio e fumo che gli uomini chiamano città. Attraverso i campi di grano funestati dal vento. Nei boschi e nei prati, nel volo degli uccelli ha seguito i segnali fino alle rive di questo piccolo lago.

Andreas guarda il cielo riflesso nell'acqua, sorride alle nubi che giocano con le onde. Aspetta l'arrivo di questo suo amico sempre sentito, ma mai visto. I suoi occhi si spalancano colpiti dalla meraviglia. Una piccola luce danza sull'acqua e nel suo moto acquisisce forma e sostanza. Nel suo dolce perigrinare disvela la sagoma di un folletto che ha perso i suoi colori.
-Vieni da me amato mio, torniamo a casa, alla nostra sola e autentica dimora.-
La voce, quella voce! Cosi tanto ascoltata, cosi immensamente amata!
Andreas guarda quelle braccia di luce aperte per accoglierlo ed il sorriso gentile, il primo che mai abbia visto.
Incurante del freddo, insensibile al vento, Andraes cammina leggero. Si perde in quell'abbraccio tanto atteso, in quell'amore mai veramente vissuto, sentendosi vivo per la prima volta. Sentendosi finalmente qualcuno e parte di qualcosa. Andreas è felice.

Allo spuntare del giorno Andreas ha preso i suoi sogni ed è partito verso un nuovo mondo, lasicandosi alle spalle solo il cadavere di un morto affogato.

venerdì 16 maggio 2008

Cambiamento stilistico

Dopo che un amico mi ha fatto notare quanto fosse spacca occhi il precedente modello, ho deciso di provare a migliorare la leggibilità.

Avete suggerimenti per migliorare su questo fronte? Io di blog ci capisco quanto Orboveggente (ciao ciccio) ci capisce di Linux :D :P

giovedì 15 maggio 2008

Omne ignotum pro maginfico - Tutto ciò che è ignoto è magnifico

NOTA: Questo racconto è ispirato ad una vecchia leggenda milanese. Si racconta che un tempo, nel parco del castello sforzesco, durante notti di nebbia fosse possibile incontrare una strana donna velata. I giovani che incontravano questa donna venivano condotti in una misteriosa villa all'interno del parco. I pochi che tornarono, si dice, persero completamente la ragione. La diffusione della leggenda raggiunse tali proporzioni che, a cavallo fra 19° e 20° secolo, furono organizzate delle vere e proprie battute di caccia alla dama e alla villa... ovviamente nessuna delle due fù mai trovata.

EDIT: ho corretto un po' di orrori, special thanks to orboveggente.




Era una notte d’inverno e la neve cadeva leggera, creando riflessi fantastici, mentre giocava con la luce dei lampioni a gas. Errico si strinse nella mantella, per scacciare il gelo di quel dodici dicembre del milleottocentonovantasette. Era stata una splendida serata, un ballo veramente magnifico, di cui si sarebbe parlato per molti mesi a venire. Per tornare a casa aveva deciso di prendere una scorciatoia attraverso il parco del castello. Voleva camminare, per smaltire i fumi dell’alcol, ma non voleva nemmeno giungere alla sua dimora a giorno fatto. Camminava rimirando quel paesaggio fiabesco rapito dallo stupore, quella sera il parco del Castello Sforzesco sembrava diverso.
-Sembra quasi un giardino di sogno- si disse -chi l’avrebbe detto che questa Milano di fine secolo avesse ancora tali scorci da mostrare, che quest’epoca di acciaio e fumo potesse ancora regalare un po’ di magia-
Il rumore della neve schiacciata da passi affrettati interruppe i suoi pensieri e lo fece voltare. Aguzzò gli occhi per scorgere chi vi fosse e, dopo un breve momento, una silouette iniziò a delinearsi in quel bianco turbinare.
La sagoma di una donna, quasi come un’apparizione, si delineò pian piano avvicinandosi. Le forme aggraziate erano avvolte da un sobrio abito bianco e, a completare l’insieme, la giovane portava una mezza tuba dalla quale scendeva un velo niveo a coprirle il viso.
-Madama- esordì Errico, mentre cercava di discernerne il volto -Cosa vi conduce qui ad un’ora tanto insolita?-
L’impressione di un sensuale sorriso filtrò dal velo, facendo accelerare il cuore del giovane.
-Amico mio, non bisognerebbe mai chiedersi il perché di un incontro fortunato- gli rispose lei con voce calda -ad ogni modo, stavo solo rientrando alla mia dimora-.
-Permette che vi accompagni, non è prudente che una fanciulla vaghi sola ad un’ora così tarda!-
-Siete molto gentile, signore-
La dama, dopo un piccolo inchino, porse la mano al suo accompagnatore. Quando la prese a braccetto il cuore di Errico sembrò quasi scoppiare, non si era mai sentito così. Forse era quell’aura di mistero o quel panorama magico, non riusciva a spiegarsi cosa gli mozzase il respiro. Incapace di parlare la seguì docilmente, camminando senza poter fare a meno di guardarla. Il corpo flessuoso stretto nello chiffon bianco, l’incarnato candido delle sue piccole mani e quel meraviglioso volto, appena intuito dietro alla cortina di seta. Tutto in lei sembrava forgiato d'innocente perfezione. Percorsero vialetti di cui Errico ignorava l’esistenza, andando sempre più in profondità nel parco, smarrendosi fra gli alberi e la neve.
Errico si perdeva felicemente in quella malia notturna, aveva sempre sognato un’avventura fatata che lo portasse lontano dalla sua vita quotidiana.
Dopo un tempo indefinibile giunsero ad un cancello di ferro battuto. La sua accompagnatrice estrasse una pesante chiave di ferro arrugginito e schiuse la serratura. Un ampio viale, fiancheggiato d’alberi, conduceva all’ingresso di una villa imponente. In un impeto cavalleresco corse ad aprire il pesante portone di legno, inchinandosi al passaggio della dama che subito seguì all’interno.
Una volta nell’androne Errico fu alquanto sorpreso: benché l’ingresso fosse arredato con gusto lussuoso ed impeccabile, l’ampio specchio era coperto da un drappo a nero e gli ornamenti del lutto decoravano le pareti. Cosa ancor più curiosa, una melodia aleggiava nell’aria, Strauss forse…

Mentre iniziava a chiedersi cosa stesse succedendo lei gli strinse nuovamente la mano e lo tirò avanti. Attraversarono una lunga serie di stanze, tutte sfarzose e tutte egualmente parate a lutto. C’era un contrasto stridente ed affascinante, fra il lusso sfrenato del mobilio ed i macabri addobbi alle pareti. Infine giunsero ad un immenso salone per balli dall’aspetto stupefacente. Le pareti erano finemente affrescate con scene tratte dalla mitologia greca e vetri colorati erano posti davanti alle lampade. La luce mutevole e policroma dava a quel luogo un’aria irreale e meravigliosa, lasciando Errico a guardarsi attorno in preda alla meraviglia. Nell’angolo più remoto di quella fantastica cattedrale pagana finalmente scorse l’origine della musica: un’orchestra da camera stava suonando solo per loro.
La giovane, sempre tenendogli la mano, si pose di fronte a lui e gli posò l’altro braccio attorno al collo. Iniziarono a ballare lentamente, trasportati dalle note leggiadre di un valzer di Berlioz.
La dama lo condusse in un giro sempre più vorticoso di danze, mentre lui continuava a guardarla e fantasticare sulla bellezza appena intravista del suo volto. Continuarono a lungo a navigare nella musica e nella luce onirica di quella stanza, mentre il leggero contatto con il corpo di lei faceva dimenticare ad Errico tutti i suoi buoni propositi di un celere rientro.
Il giovane aprì la bocca per chiederle chi fosse, ma lei posò un dito sulle sua labbra, come a dirgli di rimandare ad altro tempo le sue fanciullesche domande. Si allontanò da lui di un passo e, dopo averlo osservato per un istante, corse via ridendo. Rimase impalato per qualche istante, stupito da quella scomparsa improvvisa, fin quando non udì la voce di lei chiamarlo.

Errico uscì dal salone e si ritrovò in un lungo corridoio, al cui termine era posta una scala che scendeva nelle profondità della magione. Incerto sul da farsi, cominciò ad aprire una porta dopo l'altra. C'erano diversi salotti ed una sala musica, ogni stanza conteneva oggetti stupefacenti. Varie antichità erano sparse per le sale: steli di pietra incise con simboli di divinità celtiche, mummie, statuette votive dalle Americhe. Trovò una collezione molto estesa e preziosa, ma della fanciulla non vi era traccia alcuna.
Tornò nel corridoio, guardandosi attorno confuso, chiedendosi a che razza di gioco lei stesse giocando.

-Errico!-

La voce veniva dalla direzione delle scale. Finalmente sapeva dove cercarla! Scese gli scalini correndo, fino a giungere ad una porta di legno. Varcò la soglia con trepidazione e lo stupore montò come un onda alla vista di quel che vi trovò. Il corridoio era in un evidente stato di degrado: l'umidità gonfiava e staccava dai muri la carta da parati, macchie di muffa disegnavano grotteschi arabeschi e, sopra tutto, regnava un pesante odore di vecchiaia e decadenza. Sembrava quasi di trovarsi in un altro mondo, un riflesso distorto della gloria precedente.

Clack!

Lo scatto della serratura fece sobbalzare Errico. Si giro e scosse la porta, provò a prenderla a calci, ma quel pezzo di legno sembrava essere diventato misteriosamente inamovibile. S’appoggio alla porta, cercando di calmarsi.
-Questo scherzo non è affatto divertente! Fammi uscire!-
L'unica risposta fu una risata cristallina, che rimbalzò dalle profondità del corridoio fino al giovane. Non poteva restare lì in eterno, per rincuorarsi si disse che doveva pur esserci un'altra uscita. Così s’avviò con passo incerto, reso inquieto dalla fitta penombra di quel luogo. A metà del corridoio stava una porta socchiusa, l'odore di decomposizione che ne filtrava era talmente forte da soffocare. Stava per passare oltre; quando udì un debole lamento, quasi un mugolio, venire da lì. Si avvicinò con cautela e spinse l'uscio.
La visione che si presentò ai suoi occhi era scioccante: un vasto salone si apriva di fronte a lui, le pareti affrescate erano coperte da centinaia di schizzi di sangue e da macchie scure e grumose. Molti cadaveri, in diversi stadi di decomposizione, erano sparsi per il pavimento. C'erano corpi gonfi e mutilati abbigliati in abiti moderni, affiancati da scheletri coperti dai resti di armature ormai completamente arrugginite. Un campionario di cadaveri di ogni epoca e luogo. Al centro di quello scempio, rannicchiato sul pavimento, c'era un uomo che si muoveva debolmente. Vincendo il panico s’avvicinò all'uomo per cercare di soccorrerlo.
- Dev’essere ferito!- pensò - Devo aiutarlo! Forse sá come uscire da questo incubo.
Mentre stava chinandosi per soccorrere il ferito, questi gli afferrò una gamba, lamentandosi di nuovo.
-Stai.. stai calmo! Adesso usciamo di qui... se ci mettiamo in due dovremmo riuscire a sfondare la porta-
L'uomo non rispose ed iniziò a sollevare lentamente il capo. Errico si chinò di più, per cogliere le parole che credeva lo sconosciuto volesse dirgli. Si ritrovò di fronte al volto dell'uomo, una maschera mutilata e infranta. Il suo occhio destro e parte delle labbra mancavano, la pelle era un brulicare di vermi gonfi e lividi. Si ritrasse urlando, scrollandosi quella cosa di dosso. Lo prese a calci finché non crollò a terra, lasciando la presa. In quel momento vide gli altri morti sollevarsi lentamente ed inesorabilmente.
Un’orda di anime prave, rese folli da quella parodia di vita nella morte, si stava lentamente muovendo verso di lui.

Si catapultò fuori urlando.
-La porta, devo tornare alla porta!- urlò a se stesso –Devo aprila, sfondarla in qualche modo!-
Stava per mettersi a correre in quella direzione, ma la strada era sbarrata. Lei stava lì, bella come una dea antica, attorniata da tre di quegli orrori. La dama rideva follemente, con le mani appoggiate al petto, mente i morti si muovevano verso Errico.
-Corri, buffo pulcino, corri!-
Iniziò a correre nella direzione opposta, pregando per la prima volta dopo molto tempo. Giunto ad un bivio si fermò per un istante, chiedendosi dove andare. La decisione fu presa nel momento in cui, dalla penombra di una delle diramazioni, i morti senza pace emersero. Silenziosi e implacabili, avanzavano portando in volto un’espressione estatica, incastonata fra le ferite ed i grumi di sangue.
Errico corse. Quel posto sembrava un labirinto immenso e, ad ogni incrocio, c'era sempre almeno una di quelle cose qualcuna delle vie. Avanzavano con calma, come se il tempo ormai non esistesse più.
-Com'è possibile?- pensò -sono così lenti! Come possono essere dappertutto?-
Continuò ad andare ed avanti ancora, a girare e rigirare per quel dedalo. Era ormai fisicamente esaurito quando giunse ad una vasta stanza scavata nella pietra. Al centro dell'antro stava una pozza d'acqua, come una specie di stagno. Probabilmente una delle tante fonti d'acqua che crivellavano il sottosuolo milanese. Girò su stesso guardandosi attorno,cercando una via di fuga. La camera aveva molte entrate e, da ognuna di esse, fluiva al rallentatore la massa dei dannati. Entravano ordinatamente, come soldati, circondandolo da ogni lato. Dalla folla dei morti si levava un bisbigliare concitato. Avanzavano, stringendo il cerchio, costringendolo ad arretrare verso il centro della stanza. Errico stava per finire nella pozza, quando una voce si levò:

-Fermi!-

La folla dei morti si divise e la dama avanzò con passo regale sino al centro della stanza. Quando i suoi piedi toccarono la polla, l’acqua iniziò a ribollire e cambiar colore. Si pose al centro del piccolo stagno e, mentre l'acqua contaminata tingeva di scarlatto le sue vesti candide, allungò una mano verso la sua preda.

-Non era quello che volevi?-

Mentre guardava paralizzato la fata di sangue, i morti afferrarono Errico. Sentì le loro mani viscide e contorte stringerlo per trascinarlo avanti, verso la regina di quella danza macabra. Si dibatté cercando di liberarsi, per non dover vedere quel che lei voleva mostrargli.

-Una magia, una favola, in questa epoca di acciaio e fumo. Dove i treni rendono il mondo troppo piccolo.-

Altre mani lo agguantarono, gli si posarono sulle guance, costringendolo a guardare il fulcro di tutta quel nero incanto. Sentiva i vermi e chissà cos'altro passare da quelle mani gelide a lui invadendolo, violandolo. La dama inizio lentamente a sollevare il velo che le copriva il volto.

-Demone, strega, Lillith. Tanti nomi, per altrettante ingiurie. Guarda il mistero che tanto bramavi.-
-Guarda cos’ha creato l’odio di chi avete schiacciato.-

Spinsero Errico più avanti, più vicino, a pochi centimetri dell’enigma che si andava svelando. Poteva sentire il sangue della polla ribollire attorno alle sue gambe ed il calore bruciante, potente, che dalla dama si sprigionava. Cercò di ritrarsi, ma le mani dei morti lo inchiodavano implacabilmente al suo destino.
Il velo salì, centimetro dopo centimetro, svelando con calma l'arcano letale. Eccolo finalmente, quel volto che tanto aveva sognato di vedere. Fin troppo umano, splendido nel suo immenso dolore. Arso dalla bruciante essenza di un’infinita fame di vendetta, dall’inesorabilità di chi passa dalle catene al potere.


Errico vagava per i corridoi. In realtà non ricordava più il suo nome. Sapeva solo d’essere felice. La Signora era buona con loro: lasciava che la rimirassero e talvolta, quando si comportavano bene, concedeva loro un sorriso o una carezza. Erano fortunati, vivevano al servizio del più grande dei misteri. Errico vagava nel dedalo con un’espressione estatica sul volto, incastonata fra le ferite ed i grumi di sangue.