venerdì 23 maggio 2008

Molti, amari, banchetti.

******NOTA*****

Questo prose poem era stato originariamente concepito per partecipare al concorso letterario " 300 parole per un incubo". La versione iniziale, più corta, è pubblicata sul sito scheletri.com. La "extended veriosn" è pubblicata anche sulla mia pagina inglese. In questa versione ho cambiato un paio di dettagli, più che altro per evitare un'eccessiva ripetizione di alcuni termini.

Questo è un tentativo di affrontare un classico del genere horror sotto una prosepettiva meno scontata, spero di non aver fatto troppi danni.


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Gli angeli cantano sui pinnacoli della città questa notte.
Metto il mio miglior vestito ed indosso il mio sorriso più brilante,
questa è una notte di caccia, una serata di intenzioni sbagliate.
Per te, non per me...
Sei bello come un santo questa notte,
un gesù dipinto con oro e sangue.
Attraverso le ere, attraverso la storia, non riesco più nemmeno a contare
tutti gli angeli che ho divorato per atraversare i secoli intoccato.

Ti seguo in questo maelstrom fatto di folla e musica,
sorridi dolcemente, godendo questi momenti finali del tuo sogno d'amore.
Questa notte morirai felice e forse è una rara fortuna.
Non conoscerai mai gli sfregi che il tempo lascia al suo passaggio,
il lento decadere della vecchaia.
E' tardi ora, così torniamo alla tua casa,
il luogo dove la diversità che ti porti dentro può trovare rifugio,
il castello della tua infinita solitudine.
Dirti addio fà quasi male, ma è la tua vita o la mia,
nessuno di noi ha chiesto il destino che gli è stato dato in sorte.


Il fato ti ha riservato una scomoda natura, una disturbante maniera d'amare,
non conforme al Dogma e alla Natura.
Una vita di solitudine.
A me ha dato un'oscuro segreto, quello del sangue e delle epoche,
una vita per una vita, per evitare la fine.
Una esistenza di solitudine.
Sei come un dio, come un sogno,
con la tua perfetta maschera d'innoccenza,
e desidereo tenerti con me,
un altro giorno per far finta che possa essere per sempre.

Vorrei che le carte del destino non fossero state mescolate,
in un tempo ormai lontano, da un folle malato d'arroganza.
Vorrei poter essere ciò che tu vuoi io sia,
un uomo di sangue e respiro con cui invecchiare.
Ho pensato di portarti con me attraverso le ere,
per rendere la tua innocenza apparente eterna,
ma come può una maledizione preservare cio che è sacro?
Come può il peccato sembrare
il ritratto delle più pura santità?

L'onnipotente lancia uno sgurdo furente,
su di noi che vaghiamo oltre i confini della sua grazia,
cercando disperatamente una redenzione lontana,
fallendo ogni volta che lo sfidiamo,
ogni folta che diamo natali ad un nuovo dannato.
Specialmente quando teniamo al sicuro
il disvolgeri di un precedente peccato.
Mi chiedi perchè sono così triste.
Vorrei poterti spiegare questa mia anima,
divisa fra l'istinto di porre fine alla solitudine
e la necessità dell'ascensione.
Cerco di trovare le parole...

Ma la verità non lascia nascondigli,
è l'istinto del predatore, la voce del dragone.
L'eternità che è in me si sveglia
ed è tempo di banchetto, festa di sangue.
Estasi di energia e morte, parossismo di crudeltà.
Una, cento, mille, quante volte ho fatto questo per sopravvivere?
E' solo un'altra delle incalcolabili morti.
Una delle tante volte in cui ho ucciso
per soddisfare la mia sete ed estinguere un peccato.

Ma se questo è solo uno dei miei molti, amari, banchetti
perchè sto piangendo?

1 commento:

Anonimo ha detto...

"Fuir le bonheur pour la peur qu'il ne se sauve"

fuggire la felicità per paura di perderla.

di Serge Gainsborough (mi pare si scriva così)


Shen